I cowboy sconfiggevano i momenti bui con tenacia, forza di volontà e speranza

pubblicato in: The Giants

Coronavirus? Finirà questo maledetto. Molti di noi sono preoccupati, se non depressi e addirittura terrorizzati. E’ più che comprensibile tutto questo. Ma non bisogna assolutamente arrendersi sotto il profilo psicologico. Anche le persone colpite non devono mollare, perché la vita è questa: momenti felici alternati a situazioni drammatiche.
Ai tanti appassionati del mondo western, e in particolare della musica che lo contraddistingueva e lo contraddistingue, mi permetto di far presente le tante condizioni assolutamente precarie che caratterizzavano gli anni in cui i cowboy vivevano nelle praterie sconfinate spesso travolte dalle intemperie, o dagli incendi che scoppiavano nelle vicinanze dei boschi. Per non parlare delle zone desertiche che attraversavano, ricche di serpenti velenosi, con la mancanza di acqua di solito sostituita dalla polpa di cactus. I viveri poi, dopo settimane di viaggio, erano destinati a scarseggiare: un aspetto che induceva allo sconforto più assoluto, alla disperazione che comportava il non avere molta fiducia nell’immediato futuro.
Ma questi non erano che pochi aspetti. La presenza di coyote e lupi, e la possibilità di venire attaccati dai banditi completavano il quadro.
Oggi siamo in una situazione ben diversa anche se non per questo rassicurante.
Va comunque ricordato che in quei tempi si alternavano epidemie quali malaria, vaiolo, tifo. Un mix che provocava la fine della vita di numerose persone.
Oggi la nostra sanità si sta impegnando al mille per cento per affrontare il Covid-19, e sta ottenendo risultati straordinari, non fosse altro che per la dedizione profusa.
Ma in quei tempi remoti? I medici di frontiera erano poco informati su come risolvere questioni serie e meno serie. Tanto per citare un esempio, il capocarovana svolgeva il compito di ‘dottore’. Non era di certo attrezzato. Si ricorreva a forbici, cateteri, tubi e pompe per svuotare lo stomaco, siringhe, bende per immobilizzare le ossa rotte. Gli arti venivano amputati con una sega da carne e un coltello da macellaio, e il cloroformio serviva per addormentare il malcapitato sottoposto ad intervento, così come il whiskey che era considerato un anestetico universale. Quanto alle medicine, il cloruro mercurioso combatteva le infezioni, il chinino la febbre, la pianta digitale ‘contrastava’ i disturbi cardiaci.
Foglie di lampone, menta verde, menta piperita e senape completavano il quadro.
Un insieme che oggigiorno può farci sorridere o inorridirci. Ma tant’è: i cowboy sono sopravvissuti a queste condizioni scioccanti perché sapevano gettare cuore e mente oltre l’ostacolo. Gente tosta che non si arrendeva mai, e che per questo la sua leggenda è entrata nella storia tanto da giungere fino a noi, nella società “del benessere”.

Cowboy Up!

Quindi forza e coraggio. La vita non è solo un passaggio. Finirà pure il peggio.
(Ma che belle rime….).

Il Texano