Toby Keith, l’americano DOC

pubblicato in: The Giants

Perché Americano Doc? Perché ha tutti i requisiti per esserlo: voce piena, calda e venata di quella determinazione propria degli uomini della Vecchia Frontiera. Perché è un patriota a tutti gli effetti. Perché sa essere generoso con chi cerca qualcosa di diverso in cui credere. Perché oltre ad essere un cantautore di grande successo è pure produttore e attore.
Nato nel ’61 a Clinton in Oklahoma, ha debuttato in campo musicale nell’84 in una Band locale con un gruppo di amici per poi farsi strada, con il talento naturale dei vincenti, nel giro di un decennio scarso, incarnando con il suo timbro possente la semplicità, la selvaggeria, le convinzioni radicate tipiche del cowboy di ieri e di oggi amante della compagnia e delle bicchierate, libero da schemi anche politici, ma rispettoso dei legami con la propria Terra e dunque fedele agli ideali di fondo.
Non per nulla, dopo l’abbattimento delle Torri Gemelle, dal 2012 Toby Keith si è recato più volte in Medio Oriente, intrattenendo con alcuni concerti i soldati statunitensi impegnati nelle azioni militari. Sono emblematici alcuni suoi pensieri che qui sintetizziamo: “Mio padre era un soldato. Ha insegnato ai suoi figli a rispettare i veterani e ringraziarli, perché difendono la nostra nazione, la nostra libertà”.
Ma veniamo al discorso musicale. Sono davvero tante le song da lui composte e interpretate. Nel ’93 con il brano “Should’ve Been A Cowboy” si è piazzato al primo posto nella classifica di Country Music, “Beer For My Horses”, in coppia con Willie Nelson, è ancor oggi un classico ascoltato nei locali, e parecchio ballato dai Line Dancers nostrani. E “I Love This Bar”? E’ praticamente una colonna sonora che si ascolta a tutt’oggi nei pub americani: da Chicago a San Francisco, da Miami a Dallas.

Il segreto di Toby sta nell’arrivare al cuore della gente con un messaggio antico nello spirito rivisto in chiave moderna in termini di strumentazione impiegata: accuratissima nei particolari, complessa e al tempo stesso semplice, perché diretta come il proiettile sparato da una Colt.Questo Grande non si limita a godere della propria fama, sostiene anche chi è meno fortunato di lui. Si prodiga infatti per ripristinare e rivitalizzare l’educazione musicale nelle scuole pubbliche statunitensi, con l’obiettivo di avvicinare i giovanissimi all’arte delle sette note con tutti i benefici interiori e i possibili sbocchi professionali che essa comporta.
Ritornando alle song di maggiore impatto da lui proposte, va menzionato l’intero fantastico CD pubblicato nel 2011: una sintesi-capolavoro di tutta la sua arte. Occorrerebbe una pagina per descriverne i particolari: dalle arie scanzonate ai sentimenti di grande spessore talvolta poco compresi, dalla rivisitazione di epiche atmosfere western all’esaltazione del ‘carpe diem’ che sfocia nel simpaticissimo “Red Solo Cup”: musica, parole e sollazzo talmente coinvolgenti da tentare gli astemi a convertirsi alle delizie di Bacco Dioniso. Nell’ultimo CD, uscito qualche mese fa, colpisce “Haven’T Seen The Last For You”: un’aria ripetitiva, cantilenante ricca di risonanze trasognanti alte e basse che creano sensazioni in grado di travalicare il tempo.
“Cold Beer Country” inizia invece con un tocco di Swing per passare immediatamente alle catenze Honky Tonk, tanto amate da chi vive con cappello e stivali.
Infine “Missed You Just Right”, condito di intensità acustiche capaci di portare l’ascoltatore ‘a volare’, o se si preferisce a galoppare lungo un’immensa prateria.
Che altro dire? Nulla. O meglio, ascoltare in nostro Toby.

Il Texano

 

 

Immagine articolo e anteprima:

Keith Hinkle, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/3d/TobyKeithApr10.jpg
Keith Hinkle at https://www.flickr.com/photos/burningkarma/
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